Canzone dell'appartenenza
Giorgio Gaber
Canzone dell'appartenenza
Giorgio Gaber
L’appartenenza
non è lo sforzo di un civile stare insieme,
non è il conforto di un normale voler bene,
l’appartenenza è avere gli altri dentro di sé.
L’appartenenza
non è un insieme casuale di persone,
non è il consenso a un’apparente aggregazione,
l’appartenenza è avere gli altri dentro di sé.
Uomini, uomini del mio passato
che avete la misura del dovere
e il senso collettivo dell’amore,
io non pretendo di sembrarvi amico,
mi piace immaginare
la forza di un culto così antico,
e questa strada non sarebbe disperata
se in ogni uomo ci fosse un po’ della mia vita
ma piano piano il mio destino
è andare sempre più verso me stesso
e non trovar nessuno.
L’appartenenza
non è lo sforzo di un civile stare insieme,
non è il conforto di un normale voler bene,
l’appartenenza è avere gli altri dentro di sé.
L’appartenenza
è assai di più della salvezza personale,
è la speranza di ogni uomo che sta male
e non gli basta esser civile;
è quel vigore che si sente se fai parte di qualcosa
che in sé travolge ogni egoismo personale
con quell’aria più vitale che è davvero contagiosa.
Uomini, uomini del mio presente
non mi consola l’abitudine
a questa mia forzata solitudine,
io non pretendo il mondo intero,
vorrei soltanto un luogo,
un posto più sincero
dove magari un giorno molto presto
io finalmente possa dire: «Questo è il mio posto»,
dove rinasca, non so come e quando,
il senso di uno sforzo collettivo
per ritrovare il mondo.
L’appartenenza
non è un insieme casuale di persone,
non è il consenso a un’apparente aggregazione,
l’appartenenza è avere gli altri dentro di sé.
L’appartenenza
è un’esigenza che si avverte a poco a poco
si fa più forte alla presenza di un nemico,
di un obiettivo o di uno scopo;
è quella forza che prepara al grande salto decisivo
che ferma i fiumi, sposta i monti,
con lo slancio di quei magici momenti
in cui ti senti ancora vivo.
Sarei certo di cambiare la mia vita
se potessi cominciare a dire “noi”.