L'impotenza
Giorgio Gaber
L'impotenza
Giorgio Gaber
Io ti sfioro e non so quanto sia emozionante,
tu mi guardi e mi chiedi se sono presente.
Io penso alla nostra impotenza,
ad un gesto d’amore.
Sì, quel senso vitale che un po’ si conosce,
qualche cosa di dentro che affiora, che cresce,
la voglia di credere ancora
ad un gesto d’amore.
No, non dico l’amore che sappiamo un po’ tutti;
no, non dico l’amore che ci capita spesso.
Per amare io devo conoscere e amare me stesso.
Camminare in un posto, mangiare una cosa,
sentire che sei in una stanza,
adoprare le mani, toccare un oggetto,
capire la sua consistenza,
imparare a sentire il presente
in un tempo così provvisorio,
esser giusti su un metro di terra,
sentire che il corpo è in perfetto equilibrio.
Peccato, io non so mangiare;
peccato, io non so dormire;
non so camminare in un prato;
non so neanche amare, peccato.
Io ti sfioro e non so quanto sia emozionante,
tu mi guardi e mi chiedi se sono presente.
Io penso alla nostra impotenza,
ad un gesto d’amore.
Io ti passo la mano sugli occhi un po’ stanchi,
poi mi accosto al tuo viso, al tuo seno, ai tuoi fianchi,
e cresce la voglia di unirci
in un gesto d’amore.
No, non dico l’amore
che possiamo anche fare,
ma l’amore.