Trani a gogò
Giorgio Gaber
Trani a gogò
Giorgio Gaber
Seconda traversa a sinistra nel viale,
ci sta quel locale abbastanza per male
che chiamano “Trani a gogò”.
Si passa la sera scolando barbera,
scolando barbera, nel “Trani a gogò”.
C’è un vecchio barista dall’aria un po’ triste
che si gratta in testa, poi serve il caffè
e un toast a me, nel “Trani a gogò”.
Ci son quattro dischi: due tanghi, una polka,
un’antica mazurca, due mosci fox-trot
e il twist non c’è, nel “Trani a gogò”.
Si passa la sera scolando barbera,
nel valpolicella la vecchia zitella
cerca l’amor, nel “Trani a gogò”.
La la la la la...
La la la la la... Nel “Trani a gogò”,
nel “Trani a gogò”.
Chi gioca a boccette e chi fa a cazzotti,
un vecchio a tresette ha perso il paltò,
l’ha perso con me, nel “Trani a gogò”.
C’è un pregiudicato uscito da poco
che spiega a un amico l’errore che fece
e che pagò, nel “Trani a gogò”.
Si passa la sera scolando barbera,
c’è il gruppo affiatato che intona stonato:
«Mi sun alpin», nel “Trani a gogò”
La la la la la...
La la la la la... Nel “Trani a gogò”,
nel “Trani a gogò”.
Per far del colore c’è il finto pittore
col finto scrittore che parlan di sé,
tra sé e sé, nel “Trani a gogò”
C’è il tipo che in pista non sbaglia mai un passo,
è un mezzo califfo, peccato che è zoppo
chissà se no, nel “Trani a gogò”.
Si passa la sera scolando barbera,
scolando barbera, nel “Trani a gogò”,
nel “Trani a gogò”,
nel “Trani a gogò”.